domenica 16 novembre 2014

Non Sto Aspettando Nessuno



Non riuscivo più a dormire. Da tempo il mio sonno era intermittente e leggero. Avevo acceso la radiolina portatile che era appoggiata sul pavimento al minimo del volume, e fissavo il soffitto nella penombra. Aspettavo con gli occhi sbarrati il sorgere del giorno. Stavo fermo immobile su quella branda ascoltando i rumori che provenivano dalla notte chiusa fuori. Mentre con le mie contese combattevo una dura battaglia, mi sentivo rattrappito e dolente cercando di chiudere quei conti che non si finiscono mai di pagare. In quella città che non mi cercava più, mi toccava uscire. Piovigginava. Ho acceso una sigaretta e ho preso a camminare. Era un modo per farci pace. Non avevo nessun blues in testa ma solo dei giri armonici di chitarra intensi e ficcanti, che si andavano a saldare direttamente con le mie paranoie. Ha smesso di piovere e le strade sono rimaste solitarie e gelide. Ho tirato fuori un sospiro inquieto. Mi sembrò di essere finito dentro Marquee Moon, una canzone dei Television. Ad un tratto un vento spigoloso mi ha costretto ad abbottonarmi il giubbino, ed ad alzare il bavero. Ma non avevo nessuna fretta e neanche una direzione da seguire. Questo è il vantaggio che hai quando non ti aspetta più nessuno. Ti puoi prendere tutto il tempo che vuoi. Nel silenzio non c'era spazio per molte cose. Pero' non mi sentivo di fargliene una colpa. La vita è fragile, vulnerabile. Si può avere bisogno di tante cose che tu non sei in grado di donare. Premure, dolcezze. Psycho Killer cantavano i Talking Heads. Siamo sempre in affanno senza una ragione precisa, corriamo dietro cose inutili e fasulle. Poi  restiamo da soli delusi e colmi di tristezza, per tutte le promesse non mantenute e le false speranze, che abbiamo alimentato. Sono rientrato in casa ero stanco e spaesato. Ma non avevo bisogno di nulla. Sul comodino la sveglia segnava le quattro e quarantacinque del mattino. Ho acceso la luce della lampada e mi sono seduto sulla poltroncina di velluto. In sottofondo ho riascoltato le sue parole pronunciate con voce greve e sorda. Ho riflettuto e ho confessato le mie paure. Ma ormai era troppo tardi. Mi sono coricato ho acceso la radiolina portatile che era appoggiata sul pavimento al minimo del volume, e ho fissato il soffitto. Nella penombra non aspettavo nessuno.


Bartolo Federico

 



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